Intervista pubblicata sul blog RobinWood PLUS (http://robinwoodplus1.wordpress.com/)
Cominciamo dalla sua esperienza professionale. Lei è un professionista che opera in Calabria, laureato in Scienze Forestali e Ambientali all’Università Mediterranea di Reggio Calabria e con un Dottorato di Ricerca all’Università della Tuscia. Che tipo di esperienze ha maturato?
«La mie esperienze professionali girano attorno alla Gestione ed alla Pianificazione Forestale Sostenibile (GPFS). Ho la fortuna di collaborare con docenti e ricercatori dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e con professionisti affermati con cui ho avuto modo di approfondire e perfezionare le mie conoscenze. Durante il mio dottorato in “Scienze e Tecnologie per la Gestione Forestale ed Ambientale” ho deciso di fare esperienze all’estero e quindi di misurarmi con altre realtà forestali, principalmente Nord, Est Europa e Spagna (sono tuttora collaboratore dell’Instituto Universitario de Investigaciòn de Gestiòn Forestal Sostenible dell’Università di Valladolid ES), aree dove la Gestione e la Pianificazione Forestale Sostenibile hanno un ruolo fondamentale per gli Enti pubblici e privati. Ho avuto modo di lavorare su quasi tutti gli aspetti della GPFS: Progetti di Utilizzazione Forestale, Piani di Gestione e Assestamento Forestale, Certificazione Forestale (PEFC), calcolo dei crediti di carbonio, energie rinnovabili, aspetti paesaggistici della gestione forestale in aree protette. Purtroppo molti di questi aspetti ancora non vengono presi in seria considerazione nella nostra Regione per mancanza di iniziative associazionistico/imprenditoriali e per mancanza di conoscenze riguardo ai reali vantaggi che essi possono offrire».
Quali sono i contenuti del Piano di Gestione Forestale dell’Azienda Zervò, gestita dall’AFOR, affidato al Dipartimento GESAF, ora Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, nel quadro del Progetto Robinwood Plus?
«I contenuti di un PGAF si devono basare sui criteri della Gestione Forestale Sostenibile e della Legislazione regionale (L.R. n. 45 del 12/10/2012 “Gestione, tutela e valorizzazione del patrimonio forestale regionale”), nazionale e comunitaria e possono essere ricondotti fondamentalmente a tre aspetti:
- massimizzazione degli aspetti ambientali;
- massimizzazione degli aspetti economici;
- massimizzazione degli aspetti sociali.
Questi aspetti possono essere immaginati, metaforicamente, come i piedi di un tavolo rotondo. Se uno di essi è più corto il tavolo non si regge in piedi o si regge male. Visto che non è possibile utilizzare gli stessi criteri per tutti i PGAF per la variabilità delle condizioni ambientali, economiche e sociali stesse, ogni piano deve essere preceduto da un’attenta analisi. L’azienda Zervò ricade all’interno del Parco Nazionale d’Aspromonte e presenta altre emergenze come ad esempio le aree di captazione delle acque. L’analisi di queste peculiarità ha consentito di poter definire come linea di gestione la “rinaturalizzazione” che rappresenta l’elemento portante su cui si basano gli interventi nel decennio di validità. Questo criterio ci è sembrato quello più adatto per il trattamento delle Classi Colturali individuate (sistemi forestali semplificati) e per ottenere i risultati di massimizzazione già descritti in precedenza. Gli interventi selvicolturali sono stati calibrati in modo tale da avviare una graduale sostituzione delle conifere con specie autoctone di maggior pregio economico, estetico ed ambientale (faggio, abete bianco, farnetto e rovere meridionale) ed il materiale legnoso ricavato compenserà le spese di gestione. Un aspetto molto importante è che il PGAF consentirà inoltre di valorizzare le competenze professionali degli operatori forestali che verranno impiegati per le operazioni di gestione. Quindi l’obbiettivo è anche quello di ricreare quelle maestranze indispensabili per una Gestione Forestale Sostenibile redditizia ed efficiente».
Come valuta la collaborazione tra un Dipartimento universitario e una struttura della Regione Calabria?
«La collaborazione porta sempre al miglioramento se gli obiettivi coincidono e le parti manifestano le stesse dinamiche operative. Riguardo a questa collaborazione penso ci sia ancora tanto da fare, ma sono convinto che essa rappresenti il giusto connubio per raggiungere traguardi importanti. L’importante è tenere sempre a mente l’obiettivo di creare e gestire per il bene della società e delle popolazioni locali. Sono inoltre necessarie, a tutti i livelli, figure professionali specializzate che abbiano maturato esperienze nel settore della Gestione Forestale Sostenibile: esse possono apportare cambiamenti positivi e innovazione in questo campo».
Ritiene che questo esempio di pianificazione di un’azienda forestale pubblica potrebbe essere di esempio per proseguire su questa strada anche per altre aziende? Ritiene che ci siano degli ostacoli e se sì quali?
«Il PGAF dell’Azienda Forestale Regionale della Regione Calabria rappresenta il primo passo verso una gestione sostenibile e partecipata. Penso che attualmente l’ostacolo principale sia rappresentato dalla mancanza di conoscenze riguardo ai reali vantaggi che un PGAF possa apportare alle aziende, siano esse Enti pubblici o privati. In effetti in Calabria la mancanza di pianificazione negli ultimi 30-40 anni ha portato ad un modus operandi basato su criteri prevalentemente soggettivi che non hanno consentito uno sviluppo come in altre realtà forestali. L’esempio principale in Calabria è quello dei Rimboschimenti di conifere in cui non sono mai state eseguite le cure colturali ma che possono ancora fornire servizi e benefici significativi per la società e le popolazioni locali. Quindi l’ostacolo principale è ancora a livello culturale».
Che consigli vuol dare ai giovani che vogliono intraprendere la professione di Dottore Forestale?
«Non mi sento di dare consigli in quanto anche io appartengo a questa categoria e ancora ho tanto da imparare. Posso raccontare però il mio punto di vista su questa professione che penso sia un mestiere nobile. Il Dottore Forestale ha il compito di studiare e comprendere la natura, quindi operare e gestire le risorse ambientali e forestali per il bene della società nel rispetto delle generazioni future. I giovani hanno bisogno principalmente di modelli sani e figure professionali preparate a cui fare riferimento. Nel mio percorso mi sono reso conto che la laurea in Scienze Forestali non mi ha fatto diventare un professionista, ma essa rappresenta la “patente” per cominciare a diventarlo. È chiaro che la patente non ti fa diventare un pilota di Formula Uno. Quando devo affrontare un lavoro tengo sempre a mente che ho delle responsabilità nei confronti dell’ambiente e della società, perciò cerco sempre di portare con me qualche “metro stero” (o metro cubo per restare in campo forestale) di umiltà, rispetto, sacrificio, voglia di confrontarsi, voglia di approfondire, valori indispensabili quando si opera in campo ambientale. Oggi più che mai la nostra professione ha bisogno di gente preparata e non di tuttofare. Per ultima cosa penso sia necessario che noi giovani (ma non solo) dobbiamo prendere realmente coscienza delle potenzialità di questa professione confrontandoci con realtà diverse per non correre il rischio di rimanere con gli occhi chiusi e quindi fossilizzarsi».
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