Scrivo questo post in seguito ad una serie di sopralluoghi fatti nei rimboschimenti del Messinese.
Il contenuto che riporto è soprattutto di tipo descrittivo e qualitativo, inoltre, viene suggerita qualche proposta di intervento selvicolturale sulla base delle esperienze su questi popolamenti condotte nel Sud Italia.
Localizzazione e storia dei rimboschimenti
I rimboschimenti che ho visionato sono localizzati sui Monti Peloritani (Novara di Sicilia, Fondachelli-Fantina, ecc.) e si tratta di impianti (boschi artificiali) realizzati in "accorpamenti" con fondi CASMEZ a partire dagli '50. Secondo la documentazione ufficiale sono stati piantati soprassuoli di pino e di castagno tali "accorpamenti" corrispondevano ai bacini imbriferi e sono stati eseguiti nel
"quadro di attuazione dei bacini " (Es.: Bacino Patrì) da parte dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste (IRF) di Messina. Lo scopo era quindi quello protettivo ovvero di preservare l’ambiente fisico e quindi di impedire forme di utilizzazione che possano determinare denudazione, perdita di stabilità, mutamento del regime delle acque, ecc., con possibilità di danno pubblico (R.D.L. 30 Dicembre 1923, n. 3267 - Legge Serpieri).
Rispetto a quanto c'è scritto nei documenti storici ufficiali la prima osservazione da fare è riguardo le specie di conifere riscontrate durante i sopralluoghi che riporto di seguito:
- pino nero ascrivibile al pino laricio (Pinus laricio Poiret);
- pino marittimo (Pinus pinaster Aiton);
- pino di Montery o insigne (Pinus radiata D.Don);
- cipresso comune (Cupressus sempervirens L.);
- cedro dell'Atlante (Cedrus atlantica Endl.).
Le latifoglie utilizzate sono state:
- castagno (Castanea sativa Miller);
- eucalipti vari (Eucalyptus spp.) tra cui il più rappresentato il camaldulensis.
La distribuzione specifica vede i pini utilizzati in abbondanza mentre cipresso e cedro sono assolutamente sporadici e si presentano o lungo la viabilità principale (sarà la firma del forestale che progettò gli impianti...?) o isolati all'interno dei popolamenti.
[Riguardo al perchè di questa mescolanza i cultori della materia direbbero "errori di vivaio"; ovvero al momento della messa a dimora non era possibile distinguere le plantule, troppo piccole per sviluppare caratteri discriminatori, quindi, nessuno poteva distinguere un pino da un'altro pino o da un'altra conifera.]
[Riguardo al perchè di questa mescolanza i cultori della materia direbbero "errori di vivaio"; ovvero al momento della messa a dimora non era possibile distinguere le plantule, troppo piccole per sviluppare caratteri discriminatori, quindi, nessuno poteva distinguere un pino da un'altro pino o da un'altra conifera.]
La composizione specifica riscontrata in ordine di abbondanza decrescente è la seguente:
- pino laricio quasi in purezza;
- pino marittimo e pino insigne;
- pino laricio ed eucalitto;
- pino laricio e castagno.
Classificazione tipogica
Secondo i metodo delle tipologie forestali i rimboschimenti dei Peloritani sono acrivibili alla tipologia proposta per la Sicilia da Camerano et al. 2011 dei "Rimboschiemnti montani di conifere". Secondo qunato si tratta di popolamenti artifciali a prevalenza di conifere, in particolare pino nero, pino laricio, cedri, cipressi e più raramente abeti mediterranei e douglasia, puri o misti con altre conifere o subordinate latifoglie, presenti nel piano montano dei maggiori rilievi in varie situazioni stazionali; cenosi da mesoxerofle a xerofle, da mesoneutrofle a calcifle.
Gli autori indicano le seguenti variabili:
Gli autori indicano le seguenti variabili:
- RI40A - var. a pino nero o pino laricio;
- RI40E - var. a douglasia;
- RI40B - var. a cedri (in genere C. atlantica, loc. C. deodara);
- RI40F - var. ad altri pini (Pinus spp.);
- RI40C - var. ad abeti mediterranei (in genere A. cephalonica);
- RI40G - var. con latifoglie in successione;
- RI40D - var. a cipressi (C. sempervirens, C. arizonica)
Riguardo alle dinamiche e cicli evolutivi le situazioni sono assai differenziate a seconda dei compartimenti stazionali e degli aspetti fsionomico-strutturali dei Rimboschimenti: le diagnosi sull’evoluzione dinamica vanno dunque eseguite caso per caso, anche se in genere tali Rimboschimenti sono inseriti nelle serie evolutive della cerreta e della faggeta; la loro assenza come portasemi può portare a blocchi evolutivi.
Età e stadio evolutivo dei rimboschimenti
I rimboschimenti di conifere dei Peloritani sono stati piantati a partire dagli anni '50 fino alla metà degli anni '70, pertanto, hanno un'età variabile da (40) 50 a 60 (70) anni. Questo aspettò porta questi boschi ad essere classificati allo stadio di fine turno secondo le PMPF della Provincia di Messina.
Interventi
Molti studi sono stati fatti e molti interventi sono stati proposti per questa tipologie forestali che caratterizzano il "Regno delle Due Sicilie"... la situazione attuale è che gli interventi previsti dai piani colturali non sono mai stati fatti e i popolamenti si presentano in quello che viene descritto tecnicamente come una fase "di stasi bioecologica". Tale dicitura può essere decifrata come segue: nessuno ha mai fatto nulla, le conifere hanno svolto il loro compito preparatorio (ovvero di preparare il terreno nudo all'entrata di specie arboree tardive e autoctone: le latifoglie autoctone), il bosco non si evolve in forme più evolute e complesse se l'uomo non ci mette mano in modo razionale.
Attualmente questi popolamenti rappresentano il degrado più assoluto e la mancanza di manutenzione (come in tutte le cose in Italia e non vedo perché la si deve fare in bosco visto che non si fa nemmeno ai ponti... e agli ospedali...). Essi rappresentano inoltre uno dei più grossi potenziali d'innesco di incendi o di fitopatie per l'abbondante presenza di necromassa (legno morto) in piedi e a terra. Sul legno morto vorrei dire che quello nei boschi naturali è ben accetto per una serie infinita di motivazioni ecologico/naturalistico/paesaggistiche... quello nei boschi artificiali e principalmente una perdita economica, una sfida persa, una cosa che non dovrebbe verificarsi in una gestione oculata, in quanto tutto quel legno poteva essere stato utilizzato e venduto. Ricordiamo che la selvicoltura imita la natura.. ed a buon intenditore questo potrebbe bastare.
Pertanto più che indicare quale intervento eseguire mi limito a dire speriamo che venga fatto qualche forma di intervento... cosi tanto per cominciare... per capire le intenzioni.
E speriamo che venga fatto qualche intervento "razionale" non quelle cose che si leggono nelle autorizzazioni del'ex CFS ora CF (GFS era più appropriato Grande Fratello Statale) senza alcun fondamento scientifico e razionale (mi vengono in mente le autorizzazioni scritte nel ceduo di pino... oppure quando scrivono che le chiome di devono toccare... sporcaccioni!).
Detto questo vi invito a spulciare la bibliografia immane sulle prove di diradamento in soprassuolo di conifere nel Sud Italia... una volta li avrei elencati uno per uno... ma ora non faccio ricerca e sarebbe una grossa perdita di tempo perché "il tempo è denaro" e se non c'è denaro non vedo perché ci debba essere il tempo.
Interventi
Molti studi sono stati fatti e molti interventi sono stati proposti per questa tipologie forestali che caratterizzano il "Regno delle Due Sicilie"... la situazione attuale è che gli interventi previsti dai piani colturali non sono mai stati fatti e i popolamenti si presentano in quello che viene descritto tecnicamente come una fase "di stasi bioecologica". Tale dicitura può essere decifrata come segue: nessuno ha mai fatto nulla, le conifere hanno svolto il loro compito preparatorio (ovvero di preparare il terreno nudo all'entrata di specie arboree tardive e autoctone: le latifoglie autoctone), il bosco non si evolve in forme più evolute e complesse se l'uomo non ci mette mano in modo razionale.
Attualmente questi popolamenti rappresentano il degrado più assoluto e la mancanza di manutenzione (come in tutte le cose in Italia e non vedo perché la si deve fare in bosco visto che non si fa nemmeno ai ponti... e agli ospedali...). Essi rappresentano inoltre uno dei più grossi potenziali d'innesco di incendi o di fitopatie per l'abbondante presenza di necromassa (legno morto) in piedi e a terra. Sul legno morto vorrei dire che quello nei boschi naturali è ben accetto per una serie infinita di motivazioni ecologico/naturalistico/paesaggistiche... quello nei boschi artificiali e principalmente una perdita economica, una sfida persa, una cosa che non dovrebbe verificarsi in una gestione oculata, in quanto tutto quel legno poteva essere stato utilizzato e venduto. Ricordiamo che la selvicoltura imita la natura.. ed a buon intenditore questo potrebbe bastare.
Pertanto più che indicare quale intervento eseguire mi limito a dire speriamo che venga fatto qualche forma di intervento... cosi tanto per cominciare... per capire le intenzioni.
E speriamo che venga fatto qualche intervento "razionale" non quelle cose che si leggono nelle autorizzazioni del'ex CFS ora CF (GFS era più appropriato Grande Fratello Statale) senza alcun fondamento scientifico e razionale (mi vengono in mente le autorizzazioni scritte nel ceduo di pino... oppure quando scrivono che le chiome di devono toccare... sporcaccioni!).
Detto questo vi invito a spulciare la bibliografia immane sulle prove di diradamento in soprassuolo di conifere nel Sud Italia... una volta li avrei elencati uno per uno... ma ora non faccio ricerca e sarebbe una grossa perdita di tempo perché "il tempo è denaro" e se non c'è denaro non vedo perché ci debba essere il tempo.
Bibliografia
Camerano P, Cullotta S, Varese P (a cura di) (2011).
Strumenti conoscitivi per la gestione delle risorse forestali della
Sicilia. Tipi Forestali. Regione Siciliana.
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